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Intervista con l'autore de "La Dismissione"

Ermanno Rea: "Così Bagnoli può rinascere"

2016-02-15

Ha trascorso molte settimane, a Bagnoli, per raccontare nel suo libro “la Dismissione”  la fine dell'ex Italsider. “C'erano ancora cinquecento operai in attività - ricorda Ermanno Rea, classe 1927, giornalista e scrittore, da sempre attento osservatore delle vicende che hanno segnato Napoli e il Mezzogiorno – Mangiavo alla mensa con loro. Frequentavo molto l'archivio. E stavo lì, dalla mattina alla sera, per respirare l'aria della fabbrica, il suo mondo. Nel mio libro ho raccontato cose che ho ascoltato e vissuto in prima persona. C'era lo sconforto di chi assisteva, impotente, alla destrutturazione della fabbrica. Ma ho conosciuto anche personaggi straordinari, che avevano vissuto l'epopea dello stabilimento…”.

Una dismissione infinita, anche se ora il Governo ha deciso di accelerare.
In effetti sono già trascorsi ventisei anni dall'ultima colata. E la cosa che colpisce la mia fantasia è proprio questa: è mai possibile che passi tanto tempo, decenni, senza che succeda nulla a Bagnoli? E, francamente, ho anche qualche dubbio sul fatto che ci si svegli all'improvviso e si decida qualcosa, come il commissariamento, che non mi convince molto. Non c'è un vero e proprio coinvolgimento della popolazione.

Per la verità la Cabina di Regia e il Commissario hanno attivato un canale di ascolto di associazioni, comitati e cittadini. Un'attività che andrà avanti anche nelle prossime settimane. E' la strada giusta?
Certo. E' sempre necessario ascoltare la gente. Lì ci sono anche organizzazioni, piccole comunità, c'è sempre stato un grande dibattito pubblico. Il futuro di Bagnoli deve essere deciso con il consenso, con la maggioranza e non discusso fra quattro mura.

Che cosa ha significato Bagnoli per Napoli e la Campania?
La storia di Bagnoli è straordinaria. Nasce un po' per caso, all'inizio del 900, quando a fare il bello e il cattivo tempo a Napoli c'era un trio formato da un deputato molto potente, Casale, un sindaco chiacchierato, Summonte e un giornalista influente, il direttore e fondatore del Mattino, Scarfoglio. Ad un certo punto un gruppo di giovani socialisti, che pubblicavano un giornaletto che si chiamava la Propaganda, denunciarono Casale. Ne nacque un processo e nessuno si sarebbe aspettato che si concludesse con la condanna del deputato. Invece, Casale si dimise. E, da questo terremoto nacque l'inchiesta Saredo, che mise a nudo le malversazioni della città. Dall'inchiesta venne fuori la legge speciale su Napoli e  il buon Nitti, che era il fautore della nascita di un acciaieria a Napoli, ebbe partita vinta rispetto a Scarfoglio, che era invece contrario.

Una fabbrica che è stata anche un simbolo per la città, nata su un'area di straordinaria bellezza.
Lo stabilimento siderurgico non ha solo la missione di costruire cannoni ma anche un compito salvifico. Salvare Napoli dalla camorra, dare lavoro, due missioni attribuite proprio da Nitti. E questo ruolo di polo positivo, lo conserva a lungo, anche nell'ultimo dopoguerra. Bagnoli è una bandiera che doveva entrare nei vicolo per bonificarlo. Non è mai accaduto ma è stato un presidio forte di democrazia. E questo ruolo lo ha conservato anche nei momenti peggiori, quando una certa malavita era riuscita a penetrare nella fabbrica.

E poi?
Poi c'è la frana: prima l'illusione del piano di investimenti di oltre mille miliardi dell'epoca e poi la decisione di smantellare tutto. E, a perdere il lavoro, non sono solo i caschi gialli ma tutto l'indotto, che era enorme. E' la fase più oscura che coincide con il periodo più nero della città. Un'apatia che dura 26 lunghi anni, una margherita che viene sfogliata un po' alla volta. La città deperisce e si chiude in se stessa.

Ora, però, qualcosa si muove, il governo ha deciso di agire. Lei che cosa vedrebbe al posto dell'ex acciaieria?
A suo tempo proposi di concentrare a Bagnoli tutti gli archivi delle fabbriche in dismissione, creando un polo universitario sulla storia industriale del Mezzogiorno. Una sorta di memoria collettiva delle fabbriche partenopee. Un polo universitario aperto a varie facoltà.

Cosa si dovrebbe fare per accelerare il risanamento?
Dobbiamo creare i presupposti per una rinascita, credere nelle cose, avere fiducia e coraggio. E realizzare le attività per bene, senza guardare in faccia nessuno ed escludendo sul nascere tutte quelle forze o quelle ipotesi dietro le quali si nascondono interessi di parte.

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